Questo e' un aneddoto che, contrariamente alla tradizione di questo blog, tratta di usabilita'... analogica.
Viaggiando sulla tratta Torino-Milano a bordo di un "VivAlto" (il treno con le carrozze a due piani sporadicamente usato sulle linee ad alta densita', quello con il monitor che indica la velocita' del mezzo e forse l'unico "regionale" dotato di prese elettriche che qualche volta addirittura funzionano), capita che mi scappi la pipi'. E quando la Natura chiama non si puo' esitare nella risposta.
Ma un fenomeno curioso stuzzica piu' che il mio spirito di osservazione la mia vescica: dalla mia posizione priviligiata proprio sopra alla toilette constato che, nonostante la modesta quantita' di viaggiatori presenti sul treno, la ritirata della carrozza e' sempre occupata, e la porta si apre e si richiude costantemente indicando un continuo ricambio di avventori. Dopo molti turni di attesa, ed una volta arrivato gia' nell'area urbana milanese, finalmente riesco ad introdurmi nella cabina desideroso di sbrigare la pratica.
Ma devo attendere che la tazza abbia finito di girare. Mentre il cono di acciaio che ha preso il posto dell'ergonomico sedile di porcellana termina il suo ciclo di pulizia automatica getto una occhiata all'ambiente: il malamente illuminato sbaguzzino si presenta come un desiderio non soddisfatto di modernita' e ottimizzazione, uno spazio ispirato dalla visione in seconda serata di Blade Runner dopo una cena a base di peperonata, e come se non bastasse l'assai modesto intento stilistico la natura umana, che e' pur sempre di stampo animale, unita all'azione esponenziale della seconda legge termodinamica (quella che parla di entropia e caos...), concedono all'insieme un tocco di decadenza nichilista sparpagliando sulle superfici lisce e plasticose schizzi incontrollati di acqua (e non solo, si puo' immaginare) e pezzi di carta strappati e bagnati. L'asettico futuro ritratto da "2001 Odissea nello Spazio" e' ancora distante.
Finalmente il giuoco d'acqua intorno al piu' contemporaneo erede della seduta medievale termina, e posso assolvere ai doveri nei confronti del mio essere biologico. Terminata la procedura, mentre le mani si occupano di serrare la patta gli occhi vagano alla ricerca di un pulsante, una catena, un interruttore che azioni lo sciacquone. Non e' stato immediato collegare la precedente immagine descritta, quella del cono sciacquato automaticamente al termine della sessione ed alla riapertura della porta, con il fatto che non v'era alcun bisogno di tirare l'acqua, in quanto il treno avrebbe pensato da se' a liberarsi del fardello. Da qui, la considerazione (o la riconferma del fatto) che l'abitudine e' la maggiore nemica dell'innovazione, in quanto induce le persone a comportarsi sempre nello stesso modo ed ostacola l'adozione di nuovi atteggiamenti: anche una operazione insignificante come quella della pulizia del bagno, che ha tutto il senso di essere automatizzata essendo (dovendo essere) ripetuta ad ogni iterazione, riesce a mettere in crisi chi ha sempre eseguito gli stessi gesti per decenni e non si trova sotto le dita l'atteso tastone che permette di comunicare al mondo la chiusura della propria pratica. Certo che una notifica piccola piccola sopra la tazza avrebbero potuto anche metterla...
Soddisfatto l'animale, e' d'uopo ricondursi a schemi civilizzati. E dunque mi volto per lavarmi le mani. Davanti a me trovo una specie di armadietto che fa tutt'uno con la parete, compatto, con una apertura dell'altezza di 40 cm all'altezza delle mani. Al suo interno, il lavandino. Nessuna traccia del rubinetto, ne' tantomeno di un modo per far scendere l'acqua. Non c'e' il pedale, come sui normali treni regionali ed in molti altri locali pubblici; non c'e' fotocellula che attivi il flusso al passaggio della mano, essendo evidentemente una soluzione troppo propensa ad atti di vandalismo. Mi guardo attorno, e l'attenzione di sofferma sulle tre "icone" bianche disposte sul bordo superiore dell'apertura, tutte con simboli stilizzati, tutte con la descrizione in Braille dell'oggetto rappresentato, tutte disegnate e lisce. O forse no. Quella al centro, raffigurante un rubinetto, ha un leggero rilievo. Senza troppa convinzione lo premo, ed ecco l'acqua scendere.
In codesto frangente opera l'apprendimento, che induce a cercare soluzioni gia' note per problemi gia' affrontati: in questo caso il problema e' stato procurarsi dell'acqua, la soluzione era diversa da qualsiasi altra cosa avessi visto in precedenza e dunque non ancora parte del mio bagaglio, dunque neanche presa in considerazione e tentata. Nonche' particolarmente nascosta ed infida. Anche qui, un esplicativo testo "Premere qui" non avrebbe fatto male.
Ammetto di aver rinunciato all'idea di trovare le salviette di carta, mi sono asciugato sui pantaloni.
Tempo totale per far la pipi': due minuti. Adesso mi si spiega il perche' del precedente rallentamento nello smaltimento della coda.
Niente di cio' che e' umano mi e' estraneo.
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