Pensieri e parole su HCI, home computing, tecnologie desktop e sul Progetto Lobotomy

giovedì 20 gennaio 2011

Una Mela in Testa

Da quando ho iniziato a leggere e documentarmi sul tema dell'usabilita' delle interfacce utente ho piu' volte sentito parlare nell'Apple Newton, PDA uscito agli inizi degli anni '90 e di breve vita sul mercato, indicato da molti come un ottimo esempio di efficienza e rappresentativo di alcuni concetti particolarmente interessanti. Ma ammetto di non aver mai indagato approfonditamente su tale oggetto, prendendo sempre per buone le entusiastiche dichiarazioni ma inconsciamente pensando che le funzionalita' di tale apparecchio fossero, a causa dell'evidente anzianita' del prodotto, cosi' limitate da non meritare neppure di essere prese in considerazione.
Finche' l'altro giorno mi sono trovato a leggere un articolo (peraltro generatore di infinita ispirazione, dovro' tornarci sopra in futuro), in cui viene indirettamente linkato un video su YouTube che dimostra l'utilizzo del leggendario Newton. E ne sono rimasto sbalordito.
L'utilizzo del device e' molto semplice: c'e' uno schermo completamente touchscreen, ci si scrive sopra quel che si vuole (con la tastiera virtuale o a mano: stando al video l'handwriting recognization del '90 non era cosi' tanto male, e' un peccato che nel ventennio seguente non sia piu' stata migliorata), e... il contenuto viene trasformato in un altro tipo di contenuto a seconda di quello che viene riconosciuto, o dietro suggerimento dell'utente. Insomma: se si scrive "pranzo con Mario" si puo' andare a piazzare il nuovo appuntamento nel calendar, se si scrive "chiama Pippo" viene lanciata la chiamata, se si immette un numero telefonico si apre il form per la creazione di un nuovo contatto.
Chiaramente, il primo richiamo che ho avuto e' stato il progetto Lobotomy e l'originale idea di rendere trasversali i dati indipendentemente dal formato con cui venivano trasmessi o manipolati. Anche se il concetto introdotto nel Newton e' un poco diverso: non quello di trasformare i vari contenuti in qualcos'altro, ma trasformare caso per caso un unico tipo di contenuto (la nota, atomo primario del modello di interazione) in qualcosa di piu' strutturato e specifico.
Resta il fatto che gia' allora gli ingegneri Apple avevano avuto l'illuminazione e l'avevano trasposta in un prodotto commerciale e alla portata degli utenti (si, d'accordo: solo degli utenti facoltosi, considerando il prezzo, ma ci siamo capiti...): ignorare totalmente nozioni tecniche e nerdeggianti come il "file" o il "formato", ma occuparsi in modo semi-automatizzato di tali dettagli e lasciare che l'utilizzatore si concentrasse sull'informazione nuda e cruda.
Il PDA in oggetto spari' rapidamente dal mercato, vuoi perche' le tecnologie hardware dell'epoca erano ancora troppo limitate per uno sfruttamento del concept (una agenza cartacea delle stesse dimensioni poteva tranquillamente contenere una mole di informazioni molto superiore rispetto ai suoi modesti circuiti di rame e pietra), vuoi perche' il popolo di consumatori non era ancora pronto per esso (nell'era pre-Web2.0 quanti sarebbero stati disposti a spendere quella cifra per un blocco note molto sofisticato?) e vuoi anche perche' essendo tutto il sistema integrato non c'era spazio per l'ingresso di altri vendors che fornissero applicazioni e servizi (come e' invece adesso per apparati tipo l'iPad) dunque nessuno poteva essere realmente interessato alla sua diffusione priva da sbocchi commerciali e profittevoli per chiunque altro non fosse Apple. Ma a distanza di vent'anni varrebbe la pena rivalutare e riesaminare i concetti che all'epoca sono stati compressi nello scatolotto nero, poco apprezzabili negli anni '90 ma perfettamente attuali ed anzi impellenti nel mondo di oggi.
Perche' reinventare la ruota, quando buona parte del lavoro e' gia' stata svolta?

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