Pensieri e parole su HCI, home computing, tecnologie desktop e sul Progetto Lobotomy

lunedì 14 marzo 2011

Minimi Termini

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Grandi dibattiti ha generato sulla blogosfera la decisione, presa abbastanza all'ultimo momento, di rimuovere i tasti per massimizzare e minimizzare le finestre in Gnome-Shell. La discussione si e' poi persa tra i mille rivoli della polemica innescata da Shuttleworth e dal team KDE, che a sua volta abbisognava di un capro espiatorio su cui scaricare la tensione accumulata dal matrimonio Nokia/Microsoft e del conseguente sgretolamento dei sogni di gloria costruiti intorno al toolkit Qt, ma questa e' un'altra storia...
Si diceva: massimizzare e minimizzare le finistre all'interno del window manager. Sorvolando sul fatto che, come detto, questo cambiamento certamente non proprio marginale e' stato attuato in un momento decisamente sbagliato, con Gnome3 all'orizzonte e dunque poco tempo a disposizione per raccogliere il feedback necessario alla validazione dell'idea, personalmente mi ritengo favorevole alla scelta. Con tutte le precisazioni del caso.
Da una parte l'interazione che viene in questo modo promossa ed anzi forzata nei confronti dell'utente prevede un uso intensivo dei workspace virtuali, che in ambiente Linux esistono dalla notte dei tempi ma che su altre piattaforme operative o non esistono affatto o hanno fatto la loro comparsa da poco tempo. Il che' vuol dire creare diverse difficolta' a chi non e' abituato ad organizzare comodamente le proprie finestre distribuendole su piu' desktop, ed ha fatto della minimizzazione una questione di sopravvivenza digitale. Ed in questa categoria ricadono non solo gli esuli di primo pelo del mondo Microsoft, ma anche i numerosi habituee' linuxari che vuoi per zelo o vuoi per forte radicazione ai metodi passati non hanno mai fatto il callo a questa stravagante idea dei desktop multipli.
Dall'altra parte, c'e' da dire che nel momento in cui si prende un minimo di confidenza con la nozione di "workspace" i tasti per massimizzare e minimizzare le finestre sono veramente inutili.
Io, di mio, sono un grandissimo utilizzatore di desktop virtuali: ne tengo sempre almeno 10 a disposizione, e sebbene sia capitato solo rarissimamente di occuparli tutti (ma e' comunque successo...) almeno tre o quattro sono perennemente occupati da una o piu' finestre. Ho il workspace per il cazzeggio sul web, con il browser ed il feed-reader ed il client di posta, quello dedicato esclusivamente al player multimediale che riproduce la radio in streaming, e minimo minimo uno con una sessione Kate (straripante codice) ed un terminale (da cui lanciare le compilazioni di suddetto sorgente) su cui lavorare. Quando devo cercare un qualche file per mezzo del file manager, o leggere qualche documento, o editare qualche immagine con Inkscape e/o Gimp, mi sposto su un altro. Da cio' ne deriva che ogni workspace abbia al massimo quattro finestre aperte, ed essendo cosi' poche non esiste ragione alcuna per cui ne debba minimizzare una per vedere le altre. Credo di non aver usato il tasto "minimizza" per anni.
Lo stesso si puo' dire del tasto "massimizza". Tant'e' che piu' di una volta non sia riuscito a distinguerli l'uno dell'altro alla prima occhiata: essi mi sono totalmente estranei. Ma ammetto che, in questo caso, ho barato: talvolta mi capita di massimizzare le finestre, ma uso la shortcut Alt+F10 mappata di default su Gnome. Cio' accade solo perche', avendo appunto poche finestre per desktop da gestire, mi piace tenerle tutte a tutto schermo e talvolta capita che esse partano a dimensioni ridotte.
Sta di fatto che, al fin della fiera, la scelta operata e' coerente con la linea di sviluppo di Gnome-Shell, che appunto punta moltissimo sui workspaces. Dunque, la reputo immensamente condivisibile. Non ultimo perche' si risolve con la rimozione di due tasti, ed io sono quasi sempre favorevole alla rimozione degli elementi a video. Che gli utenti, aggrappati alle loro abitudini come cozze allo scoglio, si lamentino occasionalmente di qualsivoglia modifica alla loro interfaccia grafica, indipendentemente da quanto la modifica sia benefica e sensata, e' normale, endemico, inevitabile. E, per questo, ignorabile.